MACCHINE PER IL PACKAGING

Macchine per il packaging, nel 2024 il fatturato supera i 10 miliardi



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L’industria italiana delle macchine per il packaging ha registrato un 2024 da record, superando per la prima volta i 10 miliardi di euro di fatturato con una crescita del 9%. A trainare il successo è l’export, che raggiunge gli 8 miliardi (+10%). L’UE è il primo mercato. La domanda è guidata dai settori food & beverage, che insieme valgono il 56,1% del totale, e dal farmaceutico in forte crescita. Il presidente di Ucima, Riccardo Cavanna, esprime però preoccupazione per le incertezze geopolitiche ed energetiche che potrebbero frenare gli investimenti futuri.

Pubblicato il 2 lug 2025



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L’industria italiana delle macchine per il confezionamento e l’imballaggio ha archiviato un 2024 di eccezionale valore, superando per la prima volta la soglia storica dei 10 miliardi di euro di fatturato.

Il dato complessivo, attestatosi a 10,06 miliardi, segna una progressione del 9% rispetto all’anno precedente e conferma il settore come uno dei pilastri più solidi e dinamici del manifatturiero nazionale. Questa performance, certificata dalla 13ª Indagine Statistica Nazionale del Centro Studi Mecs per Ucima (Unione Costruttori Italiani Macchine Automatiche per il Confezionamento e l’Imballaggio), è frutto di strategie consolidate basate su innovazione tecnologica, profonda internazionalizzazione e una filiera produttiva integrata e resiliente.

L’analisi, che ha coinvolto un panel di 619 aziende, evidenzia anche una robusta crescita occupazionale, con il numero di addetti che ha raggiunto le 40.503 unità, in aumento del 6% sul 2023.

La spinta decisiva dell’export

La proiezione internazionale si conferma il motore trainante del comparto. Nel 2024 le vendite oltre confine hanno raggiunto la cifra considerevole di 8 miliardi di euro, mettendo a segno un incremento del 10%. L’export rappresenta così il 79,4% del giro d’affari totale. Questo risultato, che si traduce in oltre 700 milioni di euro di esportazioni aggiuntive in un solo anno, testimonia la capacità delle imprese italiane di presidiare i mercati globali con soluzioni tecnologiche avanzate, apprezzate per affidabilità, personalizzazione e efficienza.

La geografia delle vendite mostra un consolidamento delle posizioni acquisite. L’Unione Europea si conferma la principale area di destinazione, assorbendo il 35,8% dell’export totale per un valore di 2,9 miliardi di euro. Segue a distanza l’Asia, che con 1,6 miliardi di euro rappresenta il 20,2% delle esportazioni, dimostrando la vitalità di un mercato complesso ma ricettivo all’offerta italiana. Il Nord America si attesta come terza area di sbocco con 1,3 miliardi (16,6%), a riprova di una presenza strutturata e competitiva. Completano il quadro l’Europa extra UE (768 milioni), il Sud America (730 milioni), l’Africa (573 milioni) e l’Oceania (122 milioni), a delineare una presenza commerciale capillare che costituisce un asset strategico fondamentale per la stabilità del settore.

Anche il mercato interno ha mostrato segnali di vitalità, con una crescita del 5,2% che ha portato il fatturato domestico a superare i 2 miliardi di euro, per una quota del 20,6% sul totale.

La domanda interna e la specializzazione settoriale

La trasversalità dei mercati di sbocco è una delle caratteristiche distintive del settore. Le tecnologie sviluppate dalle aziende italiane trovano applicazione in numerose filiere, ma è il food and beverage a costituire lo zoccolo duro della domanda. I due comparti insieme assorbono il 56,1% delle vendite complessive. Nello specifico il settore alimentare si posiziona al primo posto con 3,12 miliardi di euro di macchinari acquistati (il 31% del fatturato totale), seguito dalle bevande con 2,52 miliardi (25,1%).

La domanda si dimostra però solida anche in altri ambiti. Il settore farmaceutico, ad esempio, conferma la sua “fame di macchinari”, raggiungendo un fatturato di 1,74 miliardi di euro (17,3% del totale), spinto da una crescente richiesta di automazione, sicurezza e tracciabilità dei prodotti.

L’aggregato che comprende tissue, tabacco e altre applicazioni specialistiche vale 1,92 miliardi, pari al 19,1% del totale, a testimonianza della flessibilità produttiva delle imprese italiane.

Dal punto di vista tecnologico, il segmento del packaging primario, ovvero le macchine che realizzano la prima confezione a contatto con il prodotto, si conferma preponderante, generando il 53% del giro d’affari. Al suo interno, le formatrici-riempitrici-chiuditrici (FFS) rappresentano da sole il 22,3% del fatturato complessivo con 2,24 miliardi, in crescita del 10,3%.

Anatomia di un successo: l’ecosistema della Packaging Valley

Il successo del settore non può essere disgiunto dalla sua peculiare concentrazione territoriale. L’Emilia-Romagna si conferma epicentro di un distretto industriale unico al mondo, la cosiddetta “Packaging Valley”. In questa regione operano 211 aziende (il 34,1% del totale nazionale) che da sole generano il 62,1% del fatturato dell’intero comparto, per un valore superiore a 6,2 miliardi di euro, e impiegano oltre 22.300 addetti.

È un ecosistema produttivo dove convivono e collaborano grandi gruppi e piccole e medie imprese altamente specializzate, università e centri di ricerca, creando un circolo virtuoso di competenze e innovazione.

Alle spalle della locomotiva emiliana si posizionano altre regioni a forte vocazione meccanica come Lombardia, Veneto e Piemonte. La classifica provinciale vede ai primi quattro posti per fatturato Bologna, Parma, Modena e Rimini, a riconferma del baricentro emiliano.

Per il 2025 ottimismo prudente (e l’ombra delle sfide globali)

Per l’anno in corso le imprese mantengono un atteggiamento di cauto ottimismo. I dati previsionali raccolti da Mecs-Ucima indicano che il 37,5% delle aziende si attende un’ulteriore crescita del fatturato nel 2025, mentre il 45,8% prevede una sostanziale stabilità.

Su queste prospettive pesano però diverse incognite. “Abbiamo raggiunto un nuovo, storico traguardo” ha commentato Riccardo Cavanna, Presidente di Ucima. “La nostra rete capillare, anche nei mercati più lontani, e la catena del valore ci premiano. Tuttavia non possiamo trascurare le criticità che si affacciano all’orizzonte: guerre, dazi, instabilità energetica, incertezza sugli equilibri geopolitici e una mancanza di politiche industriali chiare”.

La competitività futura del comparto insomma non dipenderà solo dalla capacità innovativa delle singole imprese, ma anche da quello che accadrà all’esterno. I fattori esogeni, secondo Cavanna, rischiano di frenare i nuovi investimenti, elemento vitale per un’industria ad alta intensità tecnologica. L’associazione rivolge quindi un appello alle istituzioni affinché si continui a sostenere il manifatturiero italiano con un quadro normativo stabile e politiche mirate, per consentire a questo settore strategico di continuare a competere e crescere a livello globale.

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